Giro delle Fiandre - Ha vinto Cancellara, e lo aveva fatto capire
Riviviamo la 97esima edizione del Giro delle Fiandre: il successo va a un super-Cancellara, che questa vittoria sale a 5 affermazioni nelle Classiche monumento (2 Fiandre, 2 Roubaix e 1 Sanremo). Sagan è secondo, ma il suo piazzamento dà un’ulteriore dimensione alla crescita di questo ragazzo appena 23enne: oggi è sconfitto, domani chissà…
Nemmeno il tempo di salutare le Fiandre che il mondo delle due ruote sposta la sua attenzione verso la Parigi-Roubaix, che si correrà domenica prossima e che non vedrà al via uno dei suoi protagonisti più attesi: quel Tom Boonen che ha chiuso la Classica dei muri già dopo 19 km a causa di una scivolata che lo ha mandato all’ospedale.
I riflettori si sono allora spostati completamente su Fabian Cancellara, ritiratosi lo scorso anno per via di una caduta che gli causò la frattura della clavicola, e Peter Sagan. I due, come del resto tutti i big al via da Bruges, hanno giocato a nascondersi fino agli ultimi 20 km: lo svizzero della Radioshack, che non ha mai perso il controllo della corsa e ha tenuto tutte le fughe a distanza di sicurezza mettendo i suoi uomini a tirare già da metà percorso, ha provato un primo forcing sull’ultimo passaggio sul Vecchio Quaremont, dove il solo Sagan ha saputo tenergli la ruota. Poi il secondo allungo sul Paterberg, quello decisivo. Un assolo di potenza e classe, che lo eleva ancora di più nel gotha del ciclismo mondiale. Per lui il rettilineo finale è un bagno di folla da godersi rallentando quasi fino a fermarsi. L’avesse fatto davvero non sarebbe comunque stato ripreso: gli ultimi 14 km, macinati da solo pancia a terra e con il vento ad accarezzargli il volto, gli avevano permesso di presentarsi all’inizio degli ultimi 2 km con quasi 2’ di vantaggio sulla coppia Sagan-Roelandts, che stavano dando tutto per evitare di farsi riprendere da quello che restava del gruppo principale.
Ma che la Locomotiva di Berna avrebbe vinto, avremmo forse dovuto capirlo molti chilometri prima. Quando per esempio non ha perso il controllo in occasione di una foratura, o quando è improvvisamente scivolato in coda al gruppo e, una volta tolti manicotti e gambali in assoluta tranquillità, ha ripreso la testa del plotone con calma olimpica, da solo e senza farsi scortare da alcun compagno di squadra. La sua concentrazione era massima, ed è così da tempo. Ancora prima della Milano-Sanremo, dove ha chiuso sul podio per il terzo anno di fila, e ancora prima del trionfo ad Harelbeke, ottenuto alla sua maniera: con 35 km in solitaria percorsi a quasi 50 km/h di media. Cancellara, che aveva il Fiandre (e ora ha la Roubaix) in testa fin da inizio anno, questa Classica dei muri l’ha corsa alla grande, e l’ha vinta con pieno merito. Da padrone assoluto.
Un capitolo a parte lo merita Peter Sagan. Al terzo Giro delle Fiandre della carriera (ritirato nel 2011, 5° nel 2012 e 2° nel 2013), il 23enne slovacco ha corso alla pari con il fenomeno svizzero, e sul Quaremont ha raccolto energie che non pensava nemmeno di avere per tenergli la ruota. Gli ultimi 50 metri del Paterberg hanno sancito la sua resa, ma difficilmente avrebbe potuto fare di più. Una sola domanda: perché quel cambio a Cancellara per andare a prendere Roelandts tra gli ultimi due muri della corsa? La risposta è nella sua ambizione: smisurata, da fuoriclasse. Che ieri lo ha fatto perdere, ma che in futuro lo farà vincere tantissimo. E su tutti i percorsi. Bravo ad applaudirsi all’arrivo: il secondo posto, dietro a un Cancellara in versione ‘monster’, era il miglior risultato possibile.
Ma il Fiandre, oltre che durissimo per quelli che arrivano davanti, è tale soprattutto per chi resta dietro. Per chi poggia il piede su sassi che sembrano messi lì apposta perché i corridori buchino, per chi si ferma e consegna la propria ruota al suo capitano (vedi Hulsmans per Gatto) o per chi, come Pozzato, è ‘tradito’ da un guasto meccanico nel finale di una corsa che prepara da mesi e che non lo vede invece protagonista come nelle previsioni. C’è la delusione di Paolini e la buona prestazione di Daniel Oss, 12esimo e primo azzurro al traguardo. E poi i tanti tentativi di fuga, con un André Greipel alla ricerca di nuovi terreni su cui rendersi protagonista, lui che ci ha abituato a vederlo davanti solo quando ci sono le volate. Ci sono poi le storie di Flecha e Thomas, due che sembravano vinti dalla sfortuna, il primo appoggiato addirittura alle transenne sul Paterberg in attesa dell’arrivo dell’ammiraglia, e che invece ritroviamo con i primi poco dopo, capaci di recuperare i migliori con forze trovate qua e là, probabilmente in arrivo anche dal pubblico, che nell’anno dei 100 anni del Fiandre è ancor più numeroso del solito. La Classica dei muri racconta tante storie, che con un vincitore come Cancellara forse passano in secondo piano per tanti, ma non per chi il ciclismo lo segue con l’occhio innamorato. Perché il Fiandre si vincerà anche con gambe e testa, ma si corre con cuore e anima. E questo lo fanno tutti: non solo quello che taglia il traguardo per primo. Che peraltro è assolutamente consapevole degli sforzi che fanno dietro…